Oggi vorrei parlare di un ambiente che mi sta particolarmente a cuore: quello letterario umanistico.
Per parlarne ho deciso di intervistare Morgan Palmas, autore di “Come scrivere un romanzo in 100 giorni” e fondatore del litblog “Sul Romanzo” che ad oggi gode di grande successo.
“Sul Romanzo” è un blog che “crede nella forza delle parole e della letteratura” e che segue con sguardo attento l’editoria contemporanea. Oltre a questo, nel 2010, “Sul Romanzo” diventa anche una webzine (rivista sfogliabile online) che si occupa di letteratura, editoria e scrittura.
“Sul romanzo”, tuttavia, non è soltanto un blog di informazione e approfondimento ma offre anche ai giovani una possibilità di lavoro grazie all’Agenzia letteraria nata nel Dicembre 2010 che si propone come ponte tra autori, case editrici e lettori.
Frequentando la facoltà di Lettere mi viene spesso fatta la domanda: “Perché hai scelto questa facoltà? Cosa farai in futuro? ”
Per questo ho deciso di chiedere direttamente a Morgan cosa lo ha spinto in questa direzione e se questa è una strada che può portare ancora soddisfazioni.
La risposta si trova nella parola “passione”.
La prima cosa che mi interesserebbe sapere è cosa ti ha spinto a creare un blog che riguardasse le tematiche letterarie. Come è nato il blog "Sul Romanzo"?
Sul Romanzo era un’idea che avevo da anni e si è concretata come blog letterario nel 2009. Le tematiche letterarie sono la prosecuzione ostinata d’un interesse coltivato fin da adolescente: una curiosità inevitabile verso l’oggetto libro: l’amore per la lettura, per le belle copertine, per i caratteri del testo, per le storie, per la disposizione dei libri nelle librerie, per i testi introvabili, magari incontrati ricolmi di polvere in uno scaffale abbandonato da tempo. Mi sono chiesto più volte per quale dannata ragione quando ero alle scuole superiori risparmiavo i pochi soldi che avevo per acquistare libri, in genere il sabato pomeriggio, per poi divorarli in pochi giorni e rifare la stessa cosa la settimana successiva, per anni. Una domanda magari fuori luogo in una famiglia di laureati o diplomati, laddove la cultura è un argomento consolidato, ma non in una famiglia di persone con la terza media, con un genuino rispetto e un indefesso timore verso la cultura appunto. Non mi interessava un maglione nuovo o un paio di scarpe, io volevo libri, tanti libri, e leggerli, immergermi in mondi diversi dal mio quotidiano (immersione compensativa dal punto di vista psicologico?). Se penso a Sul Romanzo, non posso che utilizzare una parola prima di tutto il resto: passione; quella vera, viscerale, di fronte alla quale bisogna cedere. Sul Romanzo è nato per una passione.
Come siete arrivati all'idea, successivamente, di creare una webzine? Soprattutto cos'è? Cosa raccoglie?
La webzine è stata un’evoluzione creativa, nella quale abbiamo investito tempo ed energie per offrire ai nostri lettori articoli approfonditi. Dal blog si differenzia negli aspetti grafici e di impaginazione, non solo nei contenuti di una lunghezza perlopiù maggiore, anche un approccio visivo d’impatto. Dopo una prima fase sperimentale, per la verità, abbiamo incontrato un 2011 che ci ha bloccato per alcuni motivi di cui abbiamo piena consapevolezza, la quale, adesso, dopo mesi di aggiustamenti, avanti e indietro, destra e sinistra, forse che sì forse che no, finalmente, ci ha donato la forza per riprendere il ritmo che tenteremo di donare ai lettori dai primi mesi del 2012. Non posso dire di più, a lavori ripresi conoscerete le novità.
Quali sono i propositi di un'agenzia letteraria?
Un’agenzia letteraria si pone fra autori e case editrici, con specificità che dipendono da mille aspetti, perlopiù legati alle competenze e alla volontà di collaborare con onestà intellettuale. Non vi sono solo contratti, tutele, percentuali, ma anche rapporti umani che vanno coltivati con il desiderio di rendere stimolate e vive e affidabili le parti, in particolare affrontando i brutti tempi geologici dell’editoria. Poi, a dire il vero, ogni agenzia letteraria è diversa dalle altre; ho conversato in non poche occasioni con altri agenti e mi stupisco ogni volta di quante e quali diversità esistano fra noi: chi è radicato nella tradizione, chi punta sulle nuove tecnologie, chi sa tutto di diritti d’autore nel dettaglio, chi è concentrato nel gestire la psicologia degli scrittori esordienti, chi è molto pr e marketing con le case editrici, chi ha saputo coltivare poche attività editoriali divenendo un punto di riferimento per gli altri, ecc.
Che aiuto potete fornire ai giovani scrittori?
La capacità di relazionarsi da numerosi punti di vista con una serie di case editrici che per il singolo autore sono per la gran parte irraggiungibili. Un’agenzia letteraria può contare su rapporti privilegiati. Quante case editrici leggono davvero le decine di inediti che ricevono ogni settimana? Vogliamo fare credere che accada con frequenza? Possiamo farlo, ma sarebbe lontano dalla verità. Oltre alle relazioni che si incanalano in una rappresentanza, esistono i servizi editoriali come per esempio la valutazione d’inedito o il ghostwriting, quest’ultimo ancora avvolto da una patina di ufficiosità che alimenta lo snobismo e la diffidenza. Vorrei però essere preciso, con il rischio di sembrare cinico, non parlerei di “aiuto”, sono servizi, e come tali vanno pagati e trattati come qualsiasi altro servizio nel mondo dell’economia. Quando parlo di rapporti privilegiati con le case editrici – bene inteso, con una, dieci o cento è un discorso ulteriore sul quale si potrebbe riflettere –, pongo l’attenzione su un vissuto propedeutico che ha portato a tali rapporti, magari su sentieri incredibilmente casuali o strategicamente maturati nel tempo, non importa questo, io so che chiamo alcuni editor e dico: “Senti, ho questo per le mani, leggilo e dammi una risposta, anche grossolana intanto, ma dammi una risposta”. La risposta arriva in pochi giorni o in alcuni mesi, ma arriva sempre. Per uno scrittore esordiente tante volte il problema è proprio una risposta, che non giunge mai, e significa: “No, non ci interessa”. Non con tutti gli editor ho un rapporto così confidenziale, dipende sempre dalle persone, ma a me interessa il risultato, un risultato che mi conduce, come pochi giorni fa, a prendere il telefono, digitare il numero di un autore che vorrei rappresentare e dirgli/le: – Ciao, siediti –, – Ciao, sono già seduto… –, – La risposta è stata positiva, vogliono investire sul tuo libro –. Ecco, questi sono momenti strepitosi per chi scrive e per chi si impegna per far conoscere la scrittura altrui.
Come si scrive un buon romanzo, cosa può renderlo interessante agli occhi di un lettore?
Domanda che mi mette a disagio, perché leggi sempiterne non esistono e nessuno potrà vantare percorsi universitari o meriti per dire con sicurezza ciò che è un “buon romanzo”. Si finisce col parlare di gusti, però, da agente letterario, sono tenuto a guardare al mercato editoriale, non posso evitarlo. Ragione per la quale sto imparando nel tempo a evitare soprattutto gli errori, o almeno provare a mettere in guardia da alcuni errori che potrebbero essere evitati.
Ad oggi diventare scrittori o scegliere come ambiente lavorativo quello letterario può dare ancora soddisfazioni e successi?
Altra domanda che mi mette a disagio. Posso rispondere in base alle mie esigenze di vita, ai miei desideri, a quanto ritengo importante per me. Che cosa significa soddisfazione per me? Che cosa significa successo per me? In un’epoca di enormi difficoltà economiche per tantissimi italiani, parlare di soddisfazione e successo in un ambito lavorativo mi appare quasi indelicato. Qualcuno vive nella luce, molti nell’ombra. Forse, per non eludere del tutto la domanda, potrei dichiarare con una discreta sicurezza che in generale la soddisfazione e il successo, insieme, sono il frutto di tanto lavoro, cercato con la volontà di migliorare e migliorarsi.
Siamo nel periodo dove la scienza è la protagonista principale della nostra storia, il progresso è ciò che si segue con sguardo più attento, spesso la letteratura viene messa da parte. Perché è ancora importante la lettura, perché deve essere stimolata, preservata e conservata?
Sono da sempre un grandissimo sostenitore del progresso della scienza, anche laddove non pochi porrebbero limiti etici. La letteratura non si dovrebbe presentare in una forma
aut aut rispetto alla scienza, mi piacciono le compenetrazioni, le interazioni, come fra le persone, e i
cultural studies di provenienza inglese non mi dispiacciono affatto. Meno barriere ideologiche e gnoseologiche, che non significa anarchia, che non significa relativismo spinto, ma una sorta di liberalizzazione – per utilizzare un lemma di moda negli ultimi anni – del campo della letteratura, trasfondendo altrui caratteristiche in modo biunivoco, Galileo non si offenderebbe, sempre che il metodo sia nella causa-effetto giustificato. La lettura amplia gli orizzonti dell’anima e/o dell’io, concede la grazia dell’intensità emozionale e intellettuale momentanea, e non solo, della pratica meditata sui rapporti fra le cose o le persone, fra ciò che ci appartiene e quanto non ci appartiene: un possesso di affinità disgiunta, con la quale relazionarsi, se lo si desidera, con metodi che non sono poi così differenti da quelli della scienza. Indagare se stessi rispetto a una storia di un romanzo può assumere profondità che stento a non definire talvolta scienza, tuttavia non vorrei confondere i piani con un eccesso di leggerezza linguistica. Indagare ciò che non è
se stessi può, parimenti, attraverso la lettura, elargire profondità. E, diciamocelo con franchezza, la profondità prima o poi accade a tutti, sta a ognuno di noi abbracciarla o rifiutarla; la lettura abitudinaria e matura ci prepara all’abbraccio, ne sono convinto o forse mi illudo che sia esattamente così.
Chiara Cammelli
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